Il disturbo da attacchi di panico va considerato come la sindrome psicosomatica per eccellenza, poiché l’attacco di panico è sempre accompagnato da sintomi fisici acuti.
In Italia ne soffrono circa tre milioni di persone. Secondo gli studi scientifici più aggiornati i sintomi si manifestano in modo improvviso e apparentemente senza motivo e possono essere i seguenti:
- Tachicardia, palpitazioni, timore dell’infarto o di un ictus
- Ansia incontrollabile
- Gola secca
- Iperventilazione
- Paura di morire, svenire e sensazione di morte imminente
- Parestesie (sensazione di torpore, formicolio agli arti e alla bocca)
- Brividi o vampate di calore
- Sensazione di soffocamento, difficoltà a respirare
- Dolore toracico o senso di oppressione al petto
- Nausea o disturbi addominali
- Sensazioni d’instabilità, sbandamento, vertigini
- Derealizzazione (sensazione d’irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi)
- Paura di perdere il controllo o di impazzire e/o provocare disastri e/o commettere crimini
- Rossore
- Sudorazione
- Mal di testa
- Tremori a piccole o grandi scosse
- Paure legate a certe situazioni (agorafobia o claustrofobia)
- Paura di attirare l’attenzione
- Sensazione di catastrofe imminente
- Modificazione della percezione della distanza
- Rallentamento della nozione del tempo
- Pulsione alla fuga
- Timore di enuresi o encopresi
Durante l’episodio critico una persona può avvertire uno o più di questi sintomi per pochi secondi oppure per un periodo prolungato che solitamente non supera la mezzora circa.
Il soggetto è preso alla sprovvista, poiché gode globalmente di buona salute, non sa spiegarsi ciò che gli sta accadendo.
Generalmente la persona che vive l’attacco di panico non è in grado di riconoscerlo, quindi tende a pensare che ci sia bisogno dell’intervento del medico e/o di approfondire le proprie condizioni fisiche con esami clinici, visite mediche specialistiche.
Sembra incredibile che un attacco di panico possa suscitare un disagio così intenso, senza poter identificare una parte del corpo che ne sia responsabile.
Purtroppo fin troppo spesso le persone anziché cercare un aiuto psicoterapeutico, iniziano percorsi esistenziali molto distruttivi: abuso di alcol, depressione, ipocondria e frequente uso del pronto soccorso, condizionamento della vita relazionale, auto sabotaggio che interferisce negativamente con il raggiungimento di obiettivi di vita.
Il disturbo da attacchi di panico, inizialmente, appare privo di un significato psicologico come se “venisse fuori dal nulla”, svincolato dalla presenza di agenti stressogeni sia a livello individuale sia a livello ambientale.
In realtà, i dati derivanti dalla letteratura scientifica indicano che nel mese precedente all’attacco di panico si verificano spesso eventi stressanti, in particolare lutti o separazioni da persone significative.
Tuttavia: ” dal momento che ciascun individuo interpreta il significato di questi eventi in maniera diversa, uno stressor esterno può portare o no all’ inizio di un attacco di panico in un individuo vulnerabile da un punto di vista neurofisiologico. Ciò suggerisce che esiste una variante psicologica discriminante in grado di mediare tra eventi esterni e l’inizio dell’attacco di panico” (Busch e coll., 1991).
L’idea che la nostra mente possa interagire con il corpo ed esprimere attraverso di esso una condizione di disagio, inizialmente è rifiutata ma poi si inizia lentamente a capire che il corpo e la mente non sono separati ma costantemente connessi e in grado di influenzarsi reciprocamente.
L’ansiolitico spesso funziona come “silenziatore” di sintomi, ma questa categoria di farmaci ha alcune caratteristiche che li rende controproducenti: danno assuefazione, causano qualche deficit alla memoria, riducono il sonno profondo (R.E.M.), danno sintomi di astinenza alla sospensione (che sono confusi con sintomi della malattia e inducono a riprendere l’assunzione del farmaco).
Dato che gli attacchi sono ricorrenti i soggetti spesso sviluppano una forma secondaria di ansia anticipatoria, in altri termini sono costantemente impegnati a preoccuparsi di quando e dove avverrà il prossimo episodio acuto.
Di conseguenza l’autonomia e la possibilità di affrontare un eventuale viaggio sono inevitabilmente condizionati da tale preoccupazione, solitamente si evitano posti dai quali può risultare difficoltoso allontanarsi.
L’approccio terapeutico psicocorporeo, è particolarmente indicato per affrontare condizioni di disagio relativa agli attacchi di panico. La metodologia dell’intervento si fonda sulla consapevolezza della respirazione, per realizzare il trattamento la persona viene accolta in un contesto con determinate caratteristiche ambientali: quiete, illuminazione soffusa, chaise lounge (vedi figura), musica che induce la produzione di onde alfa.
Le onde alfa sono le onde cerebrali che il nostro cervello produce durante il di rilassamento, hanno una frequenza compresa tra 8 e 13.9 hertz, si registrano solitamente in uno stato di pre-sonnolenza o di veglia ad occhi chiusi; a tutto ciò si aggiunge la voce dello psicoterapeuta che guida e accompagna la persona al fine di facilitare un contatto profondo con le sensazioni e le percezioni che si verificano durante la sessione di rilassamento.
Una buona consapevolezza respiratoria è in grado di prevenire, ridurre o evitare un attacco di panico nel giro di pochi minuti.
Progressivamente man mano che si proseguono le sessioni di rilassamento, la persona non vive più il proprio corpo come una minaccia, un pericolo ma diventa un alleato prezioso per esplorare emozioni e vissuti che poi saranno approfonditi successivamente durante il colloquio terapeutico.
Il corpo diventa l’interlocutore privilegiato che “illumina” il percorso per ascoltare i nostri bisogni, le paure e tutto ciò che ci rende inquieti e insoddisfatti.